- 10 Aprile 2014
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La norma che esclude il costo della manodopera dal calcolo del massimo ribasso negli appalti per le opere pubbliche non può essere applicata senza incorrere in criticità per imprese e stazioni appaltanti e senza ingenerare effetti distorsivi del mercato. In sostanza è inapplicabile. E’ la conclusione a cui giunge l’Autorità di Vigilanza per i Contratti Pubblici nella segnalazione n. 2 del 19 marzo 2014 inviata al Governo. Il comma 3-bis dell’art. 82del Codice dei Contratti (Dlgs. 163/206), introdotto dal Dl. 21 giugno, n.69 (cd. “decreto del Fare”), convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, ha stabilito che il prezzo più basso è determinato al netto delle spese relative al costo del personale.
L’Autorità, pur condividendo la finalità della norma volta ad assicurare che l’affidamento dei contratti pubblici avvenga nel pieno rispetto degli obblighi prescritti per la tutela dei diritti (retributivi e contributivi) dei lavoratori impiegati nell’esecuzione delle commesse pubbliche, evidenzia innanzitutto come tale disposizione riguardi le sole gare al prezzo più basso escludendo le gare realizzate con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. In secondo luogo la norma può essere letta secondo due diverse interpretazioni, entrambe, tuttavia, foriere di rilevanti problemi attuativi.
Nel caso in cui a scorporare dall’offerta il costo del personale siano le singole imprese, si avrebbe un effetto totalmente distorsivo sulle gare d’appalto in quanto la selezione dell’impresa aggiudicataria avverrebbe al minore prezzo offerto, detratti i costi della manodopera e della sicurezza, che la stessa impresa dovrebbe indicare separatamente nella propria offerta.
Viceversa, se il costo del personale, come quello relativo alla sicurezza, venissero determinati ex ante nel bando di gara dalla stazione appaltante, per sottrarli al confronto competitivo, si riscontrerebbe la difficoltà e, in certi casi, l’impossibilità per la stazione appaltante di conoscere l’effettivo costo del personale. Infatti la disposizione sembra essere riferita al costo orario, stabilendo che non può essere inferiore al minimo salariale, mentre il costo complessivo (che è quello che dovrebbe scorporarsi ex ante) dipende anche dal tempo di impiego del personale e questo alla natura della prestazione e dalla organizzazione dell’impresa, elementi che variano da concorrente a concorrente e che, pertanto, la stazione appaltante non può conoscere esattamente ex ante.
Alla luce di tali considerazioni, l’Autorità conclude che entrambe le interpretazioni renderebbero la norma praticamente inapplicabile, stante l’impossibilità di valutare le offerte sulla base di componenti non omogenee ed uniformi, se si rimettesse alla libera decisione dei concorrenti lo scorporo del costo del personale. Il costo complessivo del personale, per ciascun concorrente, dovrebbe essere invece determinato in base alla reale capacità organizzativa d’impresa che è funzione della libera iniziativa economica ed imprenditoriale (art. 41 Cost.) e come tale non può essere in alcun modo compressa mediante operazioni predeterminate.