- 10 Aprile 2015
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Secondo il ministero dell’Economia c’è l’obbligo della partita Iva, a prescindere da durata e compenso, se l’attività rientra tra quelle tipiche della professione per il cui esercizio è avvenuta l’iscrizione all’albo.
A prescindere da durata e compenso, qualora l’attività svolta rientri tra le attività tipiche della professione per il cui esercizio è avvenuta l’iscrizione all’albo, i relativi compensi sono considerati redditi di lavoro autonomo, integralmente soggetti all’obbligo dell’apertura della partita Iva.
Lo ha precisato la nota prot. 4594 del 25 febbraio 2015 (qui sotto in allegato) con la quale il ministero dell’Economia e delle Finanze ha di fatto bocciato il parere del Centro Studi del Consiglio nazionale degli ingegneri, espresso con la nota n. 448 del novembre 2014 e successivamente con la nota n. 31/2015, allegata alla circolare n. 488 del 3 febbraio 2015, con cui sono state fornite precisazioni in risposta ai quesiti e alle richieste di chiarimenti pervenute da parte degli iscritti. In questa seconda nota il Cni ha puntualizzato che “non era minimamente intenzione del documento avallare, come pure qualcuno ha paventato, un’apertura indiscriminata alle prestazioni occasionali quale strumento per eludere gli obblighi che derivano dallo svolgimento abituale di un’attività professionale”
LA NOTA N. 448/2014 DEL CNI. Nella nota n. 448 del novembre 2014 il Consiglio nazionale degli ingegneri ha affermato che l’iscrizione ad un albo professionale non è un elemento sufficiente a configurare la professione abituale di un’attività, assoggettabile quindi a regime Iva e non sottoponibile a regime di collaborazione occasionale. Tuttavia, per il Cni l’iscrizione ad un albo professionale può essere ritenuta un idoneo presupposto all’abitualità delle prestazioni. “Bisognerà concretamente valutare, caso per caso, se sussistono i requisiti di abitualità ovvero se il professionista abbia compiuto una pluralità di atti economici coordinati e finalizzati al raggiungimento di uno scopo”.
Secondo il Cni i limiti previsti dalla normativa fiscale, circa la possibilità per un soggetto iscritto ad un albo professionale, di poter svolgere una prestazione professionale di natura occasionale senza che la stessa sia configurabile come reddito di natura professionale, e quindi con la necessità di apertura di una partita Iva, non sono legati alla durata della prestazione o all’ammontare del corrispettivo pattuito, bensì al requisito soggettivo dell’abitualità o meno della prestazione effettuata.
LA NOTA N. 31/2015. Con la successiva nota n. 31/2015, il Cni ha precisato che non è possibile esprimere un parere sull’abitualità o meno della prestazione senza considerare tutti gli elementi e la modalità di svolgimento, e che l’attività sarà considerabile come occasionale laddove sia riscontrabile l’episodicità (accidentalità) degli incarichi. Inoltre, il riferimento alla soglia di 5.000 euro previsto per le prestazioni occasionali non trova applicazione per i professionisti iscritti ad un albo; di conseguenza non è l’ammontare della o delle prestazioni ad individuare l’abitualità o meno delle stesse (con il conseguente obbligo di aprire una posizione Iva), ma le modalità di svolgimento. Infine, nella nota n. 31/2015 il Consiglio nazionale degli ingegneri ha sostenuto che, sebbene l’attività sia svolta raramente, l’iscrizione all’albo dei consulenti tecnici d’ufficio è inquadrabile tra le attività attraverso le quali il professionista manifesta la propria volontà a ricoprire incarichi in modo ricorrente, e non in maniera occasionale.
IL PARERE DEL MINISTERO DELL’ECONOMIA. In proposito, il ministero dell’Economia, con la suddetta nota prot. 4594 del 25 febbraio 2015, osserva che il documento del Centro Studi Cni prende in considerazione l’ipotesi di un soggetto iscritto in un albo professionale, contestualmente titolare di un rapporto di lavoro dipendente, al quale si garantisce la possibilità di svolgere, senza obbligo di apertura di partita Iva, collaborazioni impropriamente definite “occasionali” atteso che per le medesime, dal punto di vista fiscale, non è richiesto né il rispetto del limite di durata massimo, pari a 30 giorni, né il limite di compensi percepibili nell’anno solare, pari a 5.000 euro. Ma, osserva il Mef, “nel caso rappresentato, qualora l’attività svolta dal soggetto rientrasse tra le attività tipiche della professione per il cui esercizio è avvenuta l’iscrizione all’albo, i relativi compensi sarebbero considerati quali redditi di lavoro autonomo, con conseguente integrale soggezione degli stessi alla relativa disciplina”.
Fonte: Casa & Clima