- 24 Aprile 2021
- Posted by: Luisella D'Alessandro
- Categoria: News
“Lavorare in sicurezza è il principio al quale si sono ispirate in tutti questi mesi le imprese della ristorazione che hanno investito per garantire le condizioni di tutela della salute, fornendo anche indicazioni, nel confronto con il Governo e le autorità sanitarie, per rafforzare le già severe cautele per la prevenzione del rischio. Le decisioni assunte dal Governo per le riaperture non sembrano aver recepito questo nostro impegno”.
Il Presidente di Confartigianato Alimentazione Massimo Rivoltini, in rappresentanza delle piccole imprese della ristorazione, sintetizza così il giudizio sul Dl Riaperture.
“I criteri e le condizioni imposte per le riaperture di ristoranti, bar, gelaterie, pizzerie – sottolinea – appaiono ingiustificati nei confronti di attività che hanno investito in prevenzione e sicurezza e dimostrato di non incidere in alcun modo sull’andamento dei contagi. E appaiono ancora più incomprensibili se si considera che lo scorso anno le attività di ristorazione furono fatte riaprire il 16 maggio, senza vaccini e vaccinati. Chiediamo pertanto l’allungamento dell’orario di chiusura oltre le 22”.
Confartigianato Alimentazione giudica discriminatorie le regole che privilegiano le imprese che dispongono di spazi all’aperto. E, anche in questo caso, la somministrazione è soggetta ad una serie di variabili non prevedibili, come il maltempo, che potrebbe vanificare il consumo sul posto e gli investimenti sostenuti per le riaperture.
“Tutto questo – spiega Rivoltini – senza tener conto che la ristorazione è pressoché chiusa da ottobre 2020 e quindi non ha avuto effetto sulla curva dei contagi, e mentre si consente, dal 26 aprile, lo svolgimento degli sport di contatto, poi l’apertura di piscine e centri termali fino all’apertura degli stadi, tutte attività per le quali sarà difficile garantire un adeguato distanziamento interpersonale”.
Il Presidente di Confartigianato Alimentazione chiede anche indicazioni per lo svolgimento di cerimonie civili e religiose, evitando di aggravare la situazione delle attività di catering, ed in generale, le imprese della filiera degli eventi.