- 9 Febbraio 2017
- Posted by: Daniele Di Marzio
- Categories: Edilizia, News
Il via libera della Corte Costituzionale al quesito referendario sulla responsabilità solidale negli appalti riapre una materia complessa e delicata che negli ultimi 13 anni è stata oggetto di ripetute modifiche legislative. Il referendum in questione mira a ripristinare negli appalti (e subappalti) privati il principio di una piena responsabilità da parte del committente, chiedendo di abrogare parte dell’art. 29, comma 2 del d.lgs. 276/2003 che ne disciplina il meccanismo, richiamato anche dal nuovo Codice appalti.
Secondo la normativa attualmente in vigore, “in caso di appalto di opere o di servizi il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori, entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di fine rapporto, i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto”. Sono invece escluse dall’obbligo solidale le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell’inadempimento. Sono esclusi altresì dall’ambito di questa norma le pubbliche amministrazioni.
La Legge Fornero sulla riforma del mercato del lavoro (L. 92/2012) all’art. 4, comma 31, ha reso più flessibile la responsabilità solidale negli appalti prevedendo che i contratti collettivi nazionali di lavoro, sottoscritti dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, possono derogare al regime di responsabilità solidale del committente. Quest’ultimo, chiamato in giudizio per il soddisfacimento dei crediti retributivi e contributivi vantati dal lavoratore impegnato nell’esecuzione dell’appalto, può eccepire, nella prima difesa, il beneficio della cosiddetta preventiva escussione del patrimonio dell’appaltatore medesimo e degli eventuali subappaltatori. Qualora il giudice accerti la responsabilità del committente per il pagamento dei crediti vantati dal lavoratore, l’eventuale azione esecutiva contro il committente potrà essere attivata solo dopo l’infruttuosa escussione del patrimonio dell’appaltatore e degli eventuali subappaltatori. In altre parole, prima di agire contro il committente, il lavoratore deve cercare di recuperare il credito dal datore di lavoro.
Quello che il referendum chiede è proprio l’abrogazione di tali modifiche legislative, della derogabilità della responsabilità solidale e dell’obbligo del lavoratore di rivalersi anche sul datore di lavoro. L’effetto della vittoria del sì garantirebbe al lavoratore il recupero del credito in tempi più brevi, ma penalizzerebbe il committente che, non avendo la facoltà di controllare il dipendente dell’appaltatore o le informazioni relative ai diritti vantati, sarebbe costretto a pagare immediatamente per infrazioni commesse dell’impresa a cui aveva affidato l’appalto innescando infiniti contenziosi.