- 23 Gennaio 2015
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Tipologia contratti, requisiti datore di lavoro, misura incentivo, dubbi interpretativi: analisi Consulenti del lavoro su assunzioni agevolate 2015, si applicano anche agli studi professionali.
Le novità sulle assunzioni agevolate previste dalla Legge di Stabilità 2015riguardano anche gli studi professionali: lo rileva un approfondimento dellaFondazione Consulenti del Lavoro, che analizza nel dettaglio il nuovo sgravio contributivo sulle assunzioni a tempo indeterminato effettuate nel 2015, previsto dal comma 118 della manovra.
Datori di lavoro e contratti
Innanzitutto, viene rilevato che la norma fa riferimento ai “datori di lavoro privati”, comprendendo quindi oltre alle imprese anche i professionisti, quindi appunto gli studi professionali, compresi quelli organizzati in forma associata. L’agevolazione è riconosciuta anche alle aziende private a capitale pubblico (perché il soggetto giuridico è privato). Non è invece ammessa per i dipendenti pubblici.
Ci sono una serie di limitazioni relative al settore agricolo: l’agevolazione non spetta se il lavoratore ha già avuto un contratto a tempo indeterminato nel corso del 2014 (come vedremo più avanti, per le altre aziende il limite è invece sei mesi), oppure se il lavoratore è stato occupato a tempo determinato e risulta iscritto negli elenchi nominativi per un numero di giornate lavorative superiore a 250 nel 2014.
Infine, niente assunzioni agevolate se il contratto è in apprendistato o di lavoro domestico.
Non ci sono invece criteri di limitazione territoriale, il beneficio riguarda l’intero territorio nazionale, e questo esclude l’applicazione di una serie di norme comunitarie sugli aiuti di stato, come ad esempio quella in base alla quale per accedere agli incentivi le nuove assunzioni devono comportare un effettivo aumento di organico. In pratica, sono agevolate tutte le assunzioni 2015 a tempo indeterminato, indipendentemente dal fatto che aumenti o meno l’organico aziendale.
Assunzioni agevolate: misura dell’incentivo
L’agevolazione, lo ricordiamo, consiste in un esonero contributivo fino a un tetto massimo di 8060 euro su base annua, per 36 mesi. Non è chiarissimo, precisano i Consulenti del lavoro, se l’esonero si riferisca a tutti i contributi, oppure solo a quelli previdenziali (il che escluderebbe i contributi assistenziali). Il citato comma 118 della legge 190/2014 parla di “complessivi contributi previdenziali“, espressione che secondo l’analisi proposta lascerebbe aperte diverse interpretazioni. I Consulenti del lavoro ritengono corretto «valorizzare l’aggettivo “complessivi” per comprendere nell’esonero anche i contributi assistenziali (c.d. contributi minori)». Unica accezione, espressamente prevista dal testo della legge, i contributi INAIL, non compresi nell’esenzione. Attenzione: l’esonero contributivo non è cumulabile con altre riduzioni previste dalla normativa.
I Consulenti del lavoro pongono anche un altro dubbio di carattere strutturale: non è chiaro se si tratta di un’agevolazione contributiva o di un taglio al costo del lavoro.Propendono per la seconda ipotesi, perché la legge parla di “esonero”, non usando invece altri termini che normalmente di riferiscono a un’agevolazione contributiva. Se però fosse invece un’agevolazione contributiva, le imprese (o studi professionali) sarebbero tenute a rispettare anche una serie di altre norme. Per la precisione, quelle previste dall’articolo 1, commi 1175 e 1176, della legge 296/2006:
- regolarità contributiva;
- osservanza norme a tutela della sicurezza sul lavoro;
- rispetto accordi collettivi nazionali, regionali, territoriali e aziendali sottoscritti;
E le cause di esclusione nonché i paletti previsti invece dall‘articolo 4, commi 12,13 e 15, del Dlgs 92/2012 (la riforma del Lavoro Fornero):
- assunzione in attuazione di obbligo preesistente: anche se il contratto è in somministrazione;
- violazione diritto di precedenza: anche nel caso di nuovo contratto in somministrazione senza prima aver fatto l’offerta a ex dipendente con diritto di precedenza;
- se sono in atto sospensioni dal lavoro connesse a crisi o riorganizzazione aziendali: a meno che le nuove assunzioni non riguardino professionalità sostanzialmente diverse da quelle dei lavoratori sospesi o avvengano in un’altra unità produttiva;
- se il lavoratore era stato licenziato nei sei mesi precedenti dallo stesso datore di lavoro;
- si cumulano i periodi di lavoro presso la stessa azienda, come subordinato o in somministrazione, non si cumulano i periodi in somministrazione effettuati dallo stesso lavoratore presso diverse aziende, anche se l’agenzia di somministrazione è la stessa;
- in caso di inoltro tardivo delle comunicazioni telematiche obbligatorie, si perde la parte di incentivi relativi al periodo compreso fra decorrenza del rapporto e data tardiva della comunicazione.
Cause di esclusione
Ci sono invece una serie di cause di esclusione previste dalla normativa sulle nuove assunzioni agevolate, su cui non mancano questioni interpretative. Niente agevolazione se viene assunto un lavoratore nei sei mesi precedenti occupato a tempo indeterminato presso un qualsiasi datore di lavoro: quindi, per un assunzione che ad esempio viene effettuata con decorrenza 1 gennaio 2015, l’agevolazione spetta se il dipendente ha interrotto un precedente rapporto a tempo indeterminato prima dell’1 luglio 2014.
Il beneficio non spetta anche se era già stato stato usufruito per lo stesso lavoratore «in relazione a precedente assunzione a tempo indeterminato»: qui, secondo i consulenti del lavoro, non è chiaro se il legislatore si riferisca a una precedente assunzione presso la stessa azienda o presso qualsiasi azienda. Nel primo caso, la dote agevolativa «spetterebbe ad ogni cambio azienda», sempre rispettando la precedente condizione dei sei mesi. Nel secondo caso, invece, quindi se il vincolo fosse riferito a un precedente contratto indipendentemente dall’azienda, allora sarebbe «consentito una sola volta per ciascun lavoratore nei limiti temporali di 36 mesi».
Se si confermasse quest’ultima ipotesi, si porrebbero una serie di questioni. In primis, bisognerebbe chiedere all’INPS di individuare modalità semplificate per consentire le opportune verifiche da parte dell’impresa. Altro problema, quello di riconoscere a un nuovo datore di lavoro l’esonero per la parte residua, nel caso in cui un rapporto agevolato si interrompa prima dei 36 mesi. Esempio: assunzione avvenuta il primo gennaio 2015 e interrotta il 31 dicembre dello stesso anno. Ci sono 12 mesi di beneficio usufruito da un’azienda, un’eventuale assunzione da parte di un’altra azienda a partire dal luglio 2016 avrebbe diritto all’agevolazione, ma bisognerebbe stabilire come effettuare i controlli (basta la dichiarazione di responsabilità del lavoratore?).
Infine, l’esonero non spetta per lavoratori che hanno già avuto un contratto indeterminato presso lo stesso datore di lavoro, o società controllate o collegate, nei tre mesi precedenti l’entrata in vigore della Legge di Stabilità, quindi dal primo ottobre al 31 dicembre 2014. Se ne deduce che è invece possibile utilizzare l’agevolazione se, in questi tre mesi precedenti, il lavoratore era stato assunto dall’azienda con un contratto diverso dal tempo indeterminato (contratto a termine, collaborazione a progetto, partita IVA, e così via).
C’è una considerazione conseguente inserita dall’analisi: «sotto il profilo letterale non è ammessa la trasformazione del contratto a termine senza soluzione di continuità in un contratto a tutele crescenti», ma è invece possibile l’interruzione del rapporto «e l’avvio del nuovo contratto a tempo indeterminato anche il giorno successivo».
Fonte: PMI