- 3 Luglio 2014
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Anche quest’anno è ripresa la campagna della Rai per il pagamento del “canone speciale”, il particolare dispositivo che consente alla televisione di Stato di chiedere direttamente alle imprese iscritte in Camera di Commercio di versare il balzello sul possesso di televisioni o altri apparecchi buoni per ricevere le trasmissioni di viale Mazzini. In molti casi le richieste vengono reiterate anche più di una volta in capo al medesimo soggetto, con toni tassativi che aleggiano sanzioni gravi per il mancato pagamento.
Non sono intervenute modifiche della situazione di fatto e di diritto che giustifichino un diverso atteggiamento delle imprese rispetto a tali richieste che, probabilmente, vengono pianificate con cadenza annuale dall’Ufficio abbonamenti dalla Rai, nella convinzione che i soggetti raggiunti sottoscrivano l’abbonamento Radio/TV corrispondendo il cosiddetto canone speciale, facendo leva sul linguaggio perentorio.
Con riferimento all’ambito di applicazione dell’obbligo di corrispondere il canone speciale, in particolare in questa nuova campagna di richieste la Rai pone l’accento sugli “impianti di videosorveglianza” che, qualora incorporino apparecchiature idonee a ricevere il segnale televisivo e ancorché non vengano utilizzate per usufruire dei canali TV, darebbero luogo all’obbligo di corrispondere il canone stesso. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, tale circostanza non si verifica e, pertanto, nulla è dovuto.
Così si era già espresso il Mise: “Il Ministero per lo Sviluppo Economico ha già fornito elementi esplicativi all’Agenzia delle Entrate in merito alla definizione di apparecchi assoggettabili al pagamento del canone RAI, precisando che questo si applica al solo servizio di radiodiffusione e non alle altre forme di diffusione su portanti fisici diversi come i tablet, gli smartphone ed i personal computer, cioè gli strumenti suscettibili di per sé, in linea di principio, di connessione alla rete internet e la RAI ha aderito al medesimo criterio di definizione”.