- 30 Giugno 2015
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La Cassazione conferma il divieto di licenziamento della lavoratrice che si sposa, anche in caso di ristrutturazione dell’azienda e di preavviso oltre un anno prima.
Per tutelare la lavoratrice che si accinge a costituire una famiglia, il Legislatore ha stabilito il divieto di licenziamento nell’anno delle nozze, similmente a quanto spetta alle madri. Il Codice delle Pari Opportunità (DL n. 198/2006, art. 35, Divieto di licenziamento per causa di matrimonio) protegge le dipendenti pubbliche e private – escluse le addette ai servizi familiari e domestici – anche in caso di riorganizzazione aziendale. La norma (definita dall’art. 1, L. n. 7/1963) annulla i licenziamenti consumati nel periodo che intercorre tra il giorno della richiesta delle pubblicazioni e un anno dopo la celebrazione.
Licenziamento ammesso
Il datore di lavoro può comunque dimostrare che il licenziamento è perpetrato per diverso motivo, tra quelli previsti dal co. 2, art. 3, L. 26 agosto 1950, n. 860:
- lett. a) colpa grave della lavoratrice,
- lett. b) cessazione attività aziendale,
- lett. c) ultimazione prestazioni motivo di assunzione.
Invece, l’esternalizzazione di servizi, compresi quelli in cui è occupata la lavoratrice sposata, non rientra nelle motivazioni consentite per disporre un licenziamento per giusta causa.
Licenziamento nullo
La Corte di Cassazione (Sezione Lavoro,sentenza 27055/2013) ha ricordato che esistono: “Provvedimenti legislativi che nel loro insieme tendono a rafforzare la tutela della lavoratrice in momenti di passaggio “esistenziale” particolarmente importanti e da salvaguardare attraverso una più rigorosa disciplina limitativa dei licenziamenti”.
Nel caso in oggetto, il Tribunale di Roma ha giudicato nullo il licenziamento (con reintegro e rimborso delle retribuzioni spettanti nel tempo intercorso) se avviene nell’anno di matrimonio della lavoratrice, anche con preavviso partito prima e motivato da chiusura di ramo d’azienda.
Anche la Corte d’appello ha confermato la sentenza, interpretando l’intenzione del Legislatore di considerare nullo ogni recesso deciso nell’arco temporale indicato dalla legge, a prescindere dal momento in cui venga posta in essere. Ancor più se il motivo – riorganizzazione dell’azienda – non rientra nelle fattispecie previste dalla legge.
Fonte: Corte di Cassazione – Sezione Lavoro, sentenza 27055/2013