- 14 Aprile 2016
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Lo schema di decreto legislativo approvato dal Governo il 20 gennaio scorso in materia di segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), in attuazione della norma di delega di cui all’articolo 5 della legge 7 agosto 2015, n. 124, secondo il parere 839/2016 del Consiglio di Stato, è in buona parte da riscrivere. Al fine di prevenire contenziosi e alla luce delle osservazioni contenute, Palazzo Spada auspica la redazione di un nuovo testo che recepisca i rilievi rappresentati.
I giudici osservano innanzitutto che la bozza di decreto non esercita una parte importante della delega: manca, infatti, la precisa individuazione dei procedimenti soggetti a SCIA, silenzio assenso, mera comunicazione, autorizzazione preventiva espressa, che viene rimandata a successivi decreti legislativi.
Il parere del Consiglio di Stato afferma che “sarebbe stato auspicabile che l’attuazione della delega, preferibilmente con un unico decreto legislativo, non prescindesse dalla pur non facile opera di ricognizione e classificazione dei procedimenti, di indiscutibile utilità per il cittadino chiamato a orientarsi tra le nuove potenzialità della liberalizzazione delle attività economiche e il permanente potere di intervento delle pubbliche amministrazioni, con le sue diverse tipologie”.
Una seconda parte della delega che non risulta esercitata secondo il Consiglio di Stato è quella relativa alla disciplina generale del silenzio assenso e della comunicazione preventiva. Manca, in particolare, la previsione dell’obbligo di comunicazione ai soggetti interessati dei “termini entro i quali l’amministrazione è tenuta a rispondere ovvero entro i quali il silenzio dell’amministrazione equivale ad accoglimento della domanda”. Pertanto il CdS invita il Governo a valutare l’opportunità di intervenire, integrando la modulistica e prevedendo la conoscibilità dei detti elementi per il tramite dei siti istituzionali delle pubbliche amministrazioni.
Un terzo rilievo attiene al comma 2 dell’articolo 3 , con il quale – spiega il parere del Consiglio di Stato – “si prevede l’uso del modulo procedimentale della conferenza di servizi per l’ipotesi in cui l’efficacia della SCIA sia subordinata all’acquisizione di atti autorizzatori, pareri o verifiche preventivi, pone quello che è forse il vero problema della cd. “SCIA unica“: come affrontare il caso in cui la SCIA abbia come presupposto non soltanto ‘requisiti di fatto’, autocertificabili, bensì uno o più provvedimenti di autorizzazione”. Nel parere si ritiene tuttavia che il testo dell’articolo non sia ancora idoneo a risolvere la questione fugando le attuali incertezze applicative.
Al riguardo, vengono proposte tre diverse opzioni regolatorie che consistono in:
1) escludere espressamente tali fattispecie dalla SCIA, concentrandosi solo sulla cd. ‘SCIA pura’ (casi in cui l’attività privata sia subordinata al solo possesso di requisiti predeterminati, e non anche ad altri atti di assenso che ne condizionano l’efficacia);
2) considerare anche i casi di ‘SCIA non pura’ e imporre esplicitamente che la presentazione della SCIA possa avvenire soltanto una volta acquisito l’atto autorizzativo presupposto, a cura del privato;
3) prevedere che la presentazione della SCIA attivi un meccanismo per l’ottenimento dell’autorizzazione ‘a cura dell’amministrazione ricevente’, rinviando però l’avvio dell’attività al momento di tale ottenimento.
In ogni caso la scelta tra le tre opzioni (o tra una combinazione di queste) dovrà essere effettuata dal Governo, che deve tener conto dei destinatari della norma.