- 8 Febbraio 2021
- Posted by: Luisella D'Alessandro
- Categoria: News
All’incontro “Brexit… e ora? Cosa cambia per le PMI?” sono intervenuti tutti i vertici delle istituzioni coinvolte da Confartigianato, dai direttori generali dell’Agenzia delle Dogane e di ICE Agenzia, Marcello Minenna e Roberto Luongo, agli ambasciatori Lorenzo Angeloni e Raffaele Trombetta, rispettivamente Direttore Generale per la Promozione del Sistema Paese della Farnesina e Ambasciatore d’Italia a Londra.
Un confronto “fondamentale per offrire un supporto concreto a tutte le nostre imprese e per comprendere le novità principali che cambieranno le esportazioni nel Regno Unito – ha sottolineato Vincenzo Mamoli, Segretario generale di Confartigianato Imprese aprendo l’evento – L’export in Gran Bretagna vale l’1,4% del PIL e negli ultimi 5 anni è aumentato del 3%. È il quinto mercato estero di riferimento per le nostre imprese, ma per alcuni settori addirittura il primo”
L’analisi delle tendenze del made in Italy sul mercato britannico è contenuta nel report ‘Il trend del made in Italy nel Regno Unito‘
Dati delle esportazioni Italiane con UK fino al 2020
Il made in Italy sul mercato del Regno Unito vale 1,4 punti di PIL e, prima dello scoppio della pandemia (2015-2019), ha registrato un tasso di crescita medio annuo del 3,1%. Gli ultimi dati più aggiornati sulla dinamica a dicembre 2020 permettono di stimare nell’intero 2020 in 22,2 miliardi di euro le esportazioni italiane verso il Regno Unito e in 8,4 miliardi di euro le importazioni (0,5% PIL) con un saldo commerciale positivo pari a 13,9 miliardi. Gli effetti della crisi Covid-19 sono pesanti.
Gli effetti della pandemia sulle esportazioni verso UK
Nel 2020 le esportazioni diminuiscono complessivamente dell’11,9%, performance peggiore rispetto al -9,9% delle vendite verso tutti i paesi extra UE e che corrisponde a 3 miliardi di minori vendite. In chiave settoriale i cali più intensi sono registrati dai due dei primi tre comparti per export nel paese: segna una flessione del 25,5% il settore dei Mezzi di trasporto (secondo settore con una quota nel periodo di 13,2%) e del 24,5% quello della Moda (terzo settore con una quota di 12,3%), settore tra i più colpiti dalla pandemia.
Il focus sui settori di micro e piccola impresa – Il report di Confartigianato contiene uno specifico focus sui settori di MPI – food, moda, legno, mobili, prodotti in metalli, gioielleria e occhialeria, ecc. – dove le micro e piccole imprese determinano più del 60% dell’occupazione, generando esportazioni sul mercato britannico che, nei 12 mesi tra ottobre 2019 e settembre 2020, ammontano a 7,6 miliardi di euro, il 6,4% del totale delle esportazioni di questi settori nel mondo ed il 35,2% del made in Italy verso il Regno Unito, quota di 6,5 punti percentuali superiore alla media di 28,7%. Nei primi 9 mesi del 2020 le esportazioni di questi settori sono diminuite del 16,6%, 0,8 punti meno rispetto al -15,8% del totale esportazioni MPI.
A livello settoriale le maggiori vendite si registrano per i Prodotti alimentari con 2.303 milioni di euro (30,2%), seguiti da Articoli di abbigliamento con 1.663 milioni (21,8%), Articoli in pelle con 1.026 milioni (13,5%), Prodotti in metallo, esclusi macchinari e attrezzature con 883 milioni (11,6%), Mobili con 686 milioni (9,0%), Prodotti delle altre industrie manifatturiere con 655 milioni (8,6%), Prodotti tessili con 305 milioni (4,0%) e Legno e prodotti in legno e sughero con 94 milioni (1,2%).
L’analisi del grado di esposizione sul mercato del Regno Unito indica che le vendite dei settori di MPI rappresentano lo 0,5% del valore aggiunto italiano; in chiave territoriale si osserva un valore più che doppio della media in Emilia-Romagna, con l’1,1%, seguita da Friuli-Venezia Giulia con l’1,0% e Veneto con lo 0,9% e Toscana con 0,8%.
Più di metà del made in Italy di MPI in UK sull’asse Firenze-Bologna-Venezia-Trieste – Il 53,4% dell’export nei settori di MPI in UK proviene dall’asse che va dalla Toscana, passa per Emilia-Romagna e Veneto, per arrivare in Friuli-Venezia Giulia, cumulando una quota di 12,4 punti superiore al peso del 41% di queste quattro regioni sull’export manifatturiero nel mondo.
Cosa succede alle esportazioni con la Brexit
Capire e comprendere le novità di Brexit, quindi, è un processo fondamentale per tutta l’economia italiana e non soltanto per chi ha rapporti commerciali con il Regno Unito. “L’accordo trovato a fine dicembre scorso è un’ottima notizia perché ha evitato l’entrata in vigore di dazi e contingenti per le merci oggetto di scambio commerciali – ha sottolineato Lorenzo Angeloni, Direttore Generale della Promozione Paese del Ministero degli Esteri – Questo è un dato significativo, perché nelle settimane precedenti all’accordo alcune stime prevedevano che, in caso di no deal, il flusso dei nostri beni verso il Regno Unito sarebbe calato dell’11%”. Il Ministero degli Esteri sta lavorando per supportare la comunità imprenditoriale italiana sugli aspetti più operativi, che l’Ambasciatore italiano a Londra, Raffaelle Trombetta, ha illustrato durante l’evento. Tanti dettagli sull’accordo firmato il 24 dicembre 2020, sul primo mese di attività e sulle opportunità e i rischi per le imprese, confermando “la piena operatività della nostra ambasciata nel sostenere le imprese nella comprensione delle nuove regole e nel lavorare per la promozione delle imprese italiane sul mercato britannico”.
Confartigianato ha fatto squadra anche con l’ICE e con l’Agenzia delle Dogane, che hanno illustrato il lavoro fatto finora per le imprese, per sciogliere i dubbi dei nostri imprenditori e le criticità di Brexit. Due interventi, quelli di Marcello Minenna e Roberto Luongo, che hanno illustrato le nuove regole doganali e il supporto alle imprese messo in campo dal Sistema Italia. “Vogliamo accompagnare le imprese in questo processo di transizione con tutte le iniziative possibili, sia nella comprensione delle nuove regole alla dogana sia nel contrasto a frodi e contraffazione.
Soltanto nel 2020, abbiamo sequestrato oltre 10mila tonnellate di merci – ha ricordato Marcello Minenna – Il nostro impegno è rafforzato con la Brexit, così come il contrasto al cosiddetto italian sounding, un’altra tipologia di frode che danneggia pesantemente le nostre imprese”. “Questo confronto continuerà anche in futuro – ha sottolineato il Direttore Generale dell’ICE, Roberto Luongo – Come sempre, il nostro obiettivo è sostenere le imprese italiane nei processi di internazionalizzazione, anche e soprattutto nel Regno Unito, dove le nostre esportazioni valgono più di 20 miliardi di euro. Abbiamo attivato un Desk Brexit con il nostro ufficio di Londra. L’accordo ha ancora alcune criticità, ma il nostro obiettivo è superarle e mettere in campo un piano di promozione efficace, non soltanto per le nostre imprese ma anche per il mercato stesso, che deve essere preparato a questo cambiamento”.
Se Enrico Quintavalle, responsabile dell’Ufficio Studi di Confartigianato, ha poi illustrato i dati sull’export delle piccole imprese in Gran Bretagna, Gabriella Migliore dell’ICE e Antonella Bianchi dell’Agenzia delle Dogane hanno chiarito gli aspetti più tecnici e operativi di Brexit, rispondendo ai quesiti inviati dagli imprenditori associati durante il webinar, quasi 500 collegati da tutta Italia per il primo di una serie di confronti di lavoro dedicati alle nuove regole per lavorare nel Regno Unito.