Sanzioni per illeciti, l’azienda “ispiratrice” non può rivalersi sul professionista

evasione_contributivaNel richiedere al professionista di commettere l’evasione contributiva il cliente accetta il pregiudizio derivante dalle eventuali sanzioni applicate.

Con la sentenza n. 2588/2014, depositata il 3 settembre, la terza sezione civile del Tribunale di Firenze ha affermato che “Il cliente che richieda al professionista di commettere nel suo interesse un illecito, consapevole delle sanzioni cui va incontro, non ha titolo per avanzare pretese di danno nei confronti del medesimo in caso di effettiva irrogazione della sanzione da parte dell’Autorità competente”.

Infatti “nel richiedere al professionista di commettere l’evasione contributiva il cliente accetta il pregiudizio derivante dalle eventuali sanzioni applicate”.

OMISSIONE CONTRIBUTIVA. La vicenda oggetto della sentenza riguarda l’omissione contributiva nei confronti dell’Inps voluta da un’azienda (cliente del consulente del lavoro al quale ha richiesto il risarcimento per le sanzioni ricevute) informata della illegittimità di tale condotta e delle sue possibili conseguenze. Secondo il Tribunale di Firenze è da escludere che la condotta del professionista abbia cagionato un danno ingiusto risarcibile nei confronti del cliente.

NON CONDIVISIBILE IL PRINCIPIO DI DIRITTO AFFERMATO DALLA CASSAZIONE. Per il Tribunale va pertanto disatteso il diverso principio di diritto affermato dalla Cassazione con la sentenza n. 9916/2010, che ha affermato in fattispecie analoga la responsabilità civile in ogni caso del professionista per i danni economici sofferti dal cliente, consistenti nelle sanzioni applicate, per essere il primo comunque tenuto ad operare nel rispetto della legge.

Questa decisione della suprema Corte non è condivisibile in quanto non va confusa la responsabilità di natura pubblicistica del professionista (penale, amministrativa ovvero disciplinare) che commetta illeciti nell’esecuzione del mandato, ancorché nell’interesse e d’intesa con il cliente, da quella inerente la responsabilità civile dello stesso nei confronti di quest’ultimo, che è oggettivo beneficiario della condotta medesima.

Se nel primo caso, e segnatamente per quanto attiene alla responsabilità penale ed amministrativa, è pacifica la responsabilità personale del professionista per gli eventuali illeciti commessi nell’espletamento del mandato, in concorso con il cliente, certo non può sussistere alcuna responsabilità civile, di natura contrattuale od extracontrattuale, del primo nei confronti del secondo, per le conseguenze sfavorevoli che possano derivare al cliente in caso di accertamento dell’illecito.

Infatti, argomenta il Tribunale di Firenze, ragionando diversamente risulterebbe palese “la violazione dei principi generali dell’ordinamento in materia di efficacia scriminante del consenso, ovvero in ordine alla tutelabilità delle pretese non meritevoli, secondo il noto brocardo latino per cui in pari causa turpitudinis melior est conditio possidetis”.

Fonte: Casa&Clima